Blog. 23 Novembre 2010

Le opinioni dei progettisti

 Di Gianluca Chesini – Rifiniture d’Interni  (ottobre-novembre 2010)

ABBIAMO RIVOLTO CINQUE DOMANDE AD ALCUNI DEI PIÙ NOTI PROGETTISTI DELL’AREA CONTRACT/OSPITALITÀ: UN MODO PER COMPRENDERE MEGLIO METODOLOGIE E IDEE DI CHI OPERA NELLA DEFINIZIONE DEGLI STILI DI VITA LEGATI AL TURISMO E ALL’ABITARE

Sintetiche ma illuminanti le dichiarazioni che ci hanno rilasciato diversi progettisti e designer di fama internazionale sui temi dell’ospitalità, della sostenibilità ambientale e del design. Un modo per conoscere, attraverso la voce dei protagonisti, l’evoluzione di un settore che privilegia il comfort, le prestazioni e l’immagine. 

Rifiniture – Progettare per l’ospitalità: quali sono le caratteristiche proprie di questo tipo di strutture?

Alberto Apostoli – Progettare luoghi in cui le persone devono soggiornare per qualche periodo significa essenzialmente ripercorrere le emozioni che il cliente vorrebbe trovare in casa propria. Il design e la progettazione in genere deve concentrarsi sia sulle funzioni quanto sull’ergonomia, il calore di un luogo, la facilità di utilizzo, i percorsi ecc. Ma deve anche riproporre i valori della nostra vita. Non credo nelle grandi strutture impersonali ma non credo nemmeno degli alberghi come puri luoghi di sperimentazione formale o estetica. L’albergo deve essere una grande e moderna casa in cui vorremmo poter vivere a lungo. L’unica vera differenza è la possibilità di godere di dimensioni anomale per una residenza privata standard.

Roberto Semprini – Partendo dal presupposto che il vero viaggio che si compie è all’interno di noi stessi, credo che le forme archetipe siano quelle più adatte. Uscire dagli spazi quotidiani per ritrovare “lo spazio”, quello onirico, il primo ed unico.

Luca Scacchetti – Il progettare l’ospitalità è per me particolarmente interessante poiché intendo ogni progetto per strutture ricettive come il  progettare non solo un edificio, un complesso edilizio ma come reinvenzione di un luogo, o meglio, come il riassunto, il concentrato di un luogo, la sua traduzione in termini di contemporaneità. Ciò significa fare in qualche modo sempre alberghi diversi, ognuno che dialoga con un luogo differente e che si misura con i suoi caratteri, con le sue specificità. Alberghi tutti differenti ma tenuti insieme ed uniti nella contemporaneità, intesa questa come linguaggio comune e comprensibile da tutti, che media e unifica localismi ed identità particolari ed unicità territoriali.

Simone Micheli – Quando inizio un nuovo progetto, tanti pensieri, ricordi passati e futuri si fanno spazio nella mia mente miscelandosi a riflessioni, sensazioni, profumi, suoni e contenuti tra i più diversi che ossigenano la creazione della qualità spaziale che progressivamente prende forma. Ciò che accomuna i miei interventi in ambito alberghiero, riguarda da una parte, la volontà di creare e realizzare non ambiti spaziali moderni, ma luoghi all’interno dei quali l’attore principale possa vivere nuove indimenticabili, improbabili esperienze sensoriali e dall’altra di definire opere che debbano divenire vere e proprie macchine da guerra concepite per produrre alte redditività.

Daniele Menichini – Il progetto dell’ospitalità, come per altri ambiti, è molto complesso perché deve tenere conto di molti fattori, alcuni dei quali conosciuti e definiti e che vanno a generare principalmente lo studio delle planimetrie, l’individuazione dei flussi, dei percorsi, della logistica e di tutti gli elementi tecnici necessari al corretto funzionamento della struttura ed altri del tutto aleatori e soggettivi come la forma che vogliamo dare agli ambienti, gli arredi, l’illuminotecnica e l’atmosfera, tenendo conto del target e della tipologia del cliente. Il progetto di una struttura ricettiva nasce quindi da un complesso gioco di interazioni ed intersezioni di professionalità ed elementi che devono confluire verso i desiderata del committente e che allo stesso tempo devono rendere riconoscibile l’intervento del progettista, ma non possiamo certo dire che esista una ricetta precisa ed infallibile per affrontare questo tipo di progetto perché le variabili sono sempre molteplici, di sicuro la buona base nasce sempre dall’esperienza personale di ogni professionista.

Marco Piva – Dal punto di vista della fruizione, l’utente finale di uno spazio collettivo cerca sempre un’emozione; luoghi un tempo legati ad una funzione specifica (hotel: dormire, intrattenimento: divertirsi, retail: acquistare) oggi non lo sono più, la funzione primaria non è più l’elemento fondamentale. Certi hotel sono diventati essi stessi meta del viaggio, come certi luoghi di intrattenimento e di retail, perché in grado di offrire un certo tipo di emozione e di servizio. Dal punto di vista della progettazione, il progettista è chiamato a soddisfare le esigenze di due attori distinti eppure complementari fra loro: la committenza e il fruitore finale, equilibrando al contempo costi, servizi e benefici.

 

Rifiniture – Forma e sostanza o forma è sostanza

Alberto Apostoli – Il bravo progettista dovrebbe coniugare la forma con la sostanza; ovvero disegnare qualcosa che sia utile ma al contempo in modo originale e innovativo. Certamente però alcuni oggetti o sperimentazioni sono utili al cuore e alla mente in quanto ci fanno emozionare, pensare, rilassare ecc.

Roberto Semprini – La forma è sostanza o non è.

Luca Scacchetti – O forse la sostanza diviene forma, forse è qui la questione. Quale è la sostanza di una struttura ricettiva, al di là delle ovvie risposte a certi standard e comfort, per me è il rappresentare il luogo, il paese, il territorio, la nazione ove esso sorge, solo da questa sostanza potrà derivare una forma, ed una nuova ( o vecchia, antica) filosofia progettuale.

Simone Micheli – La forza emozionale che costituisce ogni mia realizzazione manifesta in modo indubbio la coincidenza della forma con la sostanza; è proprio la percezione emotiva che permette di plasmare ogni forma trasformandola in vita, in realtà. Un luogo pieno di oggetti ma vuoto di emozione mantiene immobili le forme, statiche; viceversa ogni forma si trova in un’ineccepibile sintonia con le atre, in completo equilibrio con gli elementi circostanti, muovendo l’ambiente. La sostanza che non si manifesta nella forma viene compensata dalle mediocri maschere della finzione, dissolvendo inconfutabilmente la realtà.

Daniele Menichini – Sembrerebbe la classica domanda a trabocchetto o un gioco di parole ma per quanto riguarda il nostro modo di progettare o di approcciare il concept, sia esso nell’ambito dell’ospitalità che in tutti gli altri, la forma è sempre sostanza ed allo stesso tempo è sempre parte stessa della sostanza e della concretezza dell’ambiente… direi impossibile fare la distinzione fra i due pensieri.

Marco Piva – Bisogna rinunciare ad eccessi di carattere puramente edonistico per creare oggetti belli che però siano anche funzionali e che interpretino bisogni. Bisogna creare prodotti che siano sempre attrattivi e piacevoli all’occhio ma allo stesso tempo che tengano conto di nuove esigenze: la riciclabilità dei materiali, la tossicità delle vernici, il riuso una volta finito il ciclo di vita del prodotto.

 

Rifiniture – Sostenibilità e ambiente sono temi sempre più “attuali” nell’edilizia e nell’interior decoration: elementi reali di un  mutamento dello stile e del modo di vivere lo spazio o moda del momento?

Alberto Apostoli – È in corso un cambiamento epocale nei valori relativi all’ambiente in genere. La sostenibilità nasce dall’imporsi di una nuova etica comportamentale che ci fa vedere le cose in modo nuovo. Non sarà una moda come le altre ma una necessità fisiologica della nostra civiltà che diverrà comportamento innato negli anni.

Roberto Semprini – Come in tutte le epoche storiche c’è un momento rivoluzionario in cui il mutamento dello stile si compie e un altro in cui si sedimenta e diventa stilema. Come al Rinascimento è seguito il Manierismo così può succedere che all’attuale autenticità della rivoluzione green possa seguire una moda green, capace, haimè, di svuotarne i veri contenuti.

Luca Scacchetti – Sostenibilità ed ambiente sono elementi di grande mutamento soprattutto se questi si accompagnano anche ad una sostenibilità psicologica e percettiva e l’ambiente riesce ad uscire dalla sua genericità di moda e qualunquista per divenire quel certo ambiente, quel luogo, riconoscibile e non confondibile con altri.

Simone Micheli – Progettare in modo sostenibile è uno dei capisaldi della mia filosofia progettuale. L’utilizzo di materiali ecocompatibili non è soltanto una necessità, ma un dovere che ogni progettista dovrebbe come super priorità. La permanenza temporanea degli esseri umani in questo splendido pianeta deve abbracciare la virtù del rispetto, della cura, della devozione verso i “nostri” luoghi. Vi è un forte bisogno di un nuovo disegno di materie sostenibili, materie altre a impatto zero, materie proprie per nuovi etici usi, capaci di favorire il lavoro dell’architetto del presente-futuro. Se poi la questione della sostenibilità, un elemento così dogmatico, importante per l’avvenire di una prossima contemporaneità, in futuro verrà ridotta a mera moda, devo ammettere che per me risulterebbe una profonda delusione. Per me sostenibilità ed ecocompatibilità rappresentano delle modalità capaci di generare radicali mutamenti stilistici e contenutistici.

Daniele Menichini – L’ecosostenibilità del progetto è un elemento molto importante e da sempre fa parte del nostro dna progettuale, abbiamo in un primo tempo sempre posto attenzione ai materiali utilizzati per concepire e costruire l’ambiente per arrivare di recente anche allo studio di soluzioni che vanno più a fondo nella scelte impiantistiche e dei consumi energetici. Abbiamo riscontrato, lavorando sia in Italia che all’estero che mentre nei paesi europei ed extra europei l’ecosostenibilità è uno dei punti fondamentali, nel nostro paese sembra più in questo momento una moda o una facciata spesso contraddetta dai budget a disposizione ed alla vera conoscenza o volontà di affrontare il tema ambientale… insomma economia ed economicità non sembrano correre su binari paralleli.

Marco Piva – L’ecosostenibilità oggi è un tema imprescindibile, il progetto sempre più dovrà essere ben strutturato per consentire un risparmio energetico e per evitare sprechi nel rispetto dell’ambiente. In tal senso “green design” e tecnologia sono assolutamente inscindibili, la tendenza del futuro sarà quella di mettere la tecnologia al servizio dell’ambiente.

 

Rifiniture –Quanto è importante il design e in che modo determina la funzione dell’oggetto?

Alberto Apostoli – Devo dire che il design, e i designer, molto spesso cerca di autocelebrarsi piuttosto che essere utile alla società. È una grave accusa ma il sinonimo “bello e inutile” è insito nel termine design. Il design dovrebbe rendere la vita più facile, comoda e semplice e mai complicarla.

Roberto Semprini – Dando per scontato che un oggetto di design industriale deve essere funzionale, direi che oggi possiamo tranquillamente ribaltare il dogma del Bauhaus “La forma segue la funzione” con “ l’Emozione segue la funzione”.

Luca Scacchetti – La domanda giusta dovrebbe essere che cosa è il design, che cosa è il progetto. Se il progetto è una riflessione per trasformare il mondo reale e migliorarlo anche solo di un poco, allora è ovvio che questo design, che è poi un ragionar sulle cose e sulla loro evoluzione, diviene determinante in tutta la definizione sia formale che funzionale degli oggetti e degli edifici.

Simone Micheli – La funzione del design è sostanziale, nodale e imprescindibile. Il design determina la forma dell’oggetto e l’oggetto determina la funzione del design!

Daniele Menichini – Se il design non fosse così importante forse avrei scelto di fare un altro mestiere… no? Ma visto che non si può rispondere ad una domanda con un’altra domanda proverò a dare una risposta che non sia quella solita che finisce con “al designer come all’artista è tutto concesso”… proprio per fare la distinzione tra artista e designer direi che è fondamentale che il design che costituisce la forma dell’oggetto nasca dalla funzione e funzionalità dell’oggetto. Avere in mente prima di tutto a cosa deve servire l’oggetto per andarne a determinare il disegno, la linea, il materiale, il colore e la possibilità di industrializzazione.

Marco Piva – Ciò che mi ha sempre attirato del design è la sua necessità di essere legato alla ricerca e alla sperimentazione non solo formale e funzionale, ma anche semantica e sociale. Del design mi interessa il senso complessivo che un oggetto o un prodotto possono esprimere, la loro capacità di intercettare attese estetiche, funzionali e prestazionali, espresse da singoli individui o dalla società in genere; mi interessa la reazione che i prodotti inducono in chi li osserva, li usa e se ne circonda. Superato l’obbiettivo di fondo di dover affrontare necessariamente la serialità, il design può esprimersi in un singolo oggetto che può assumere le caratteristiche di oggetto d’arte, in una piccola serie di oggetti molto specifici e particolari carichi magari di altissime qualità produttive artigianali e tecnologiche, fino a prodotti destinati alla grandissima serie, caratterizzati da valori estetici e funzionali innovativi, facilmente riconoscibili e apprezzabili dai consumatori.

Rifiniture –Materiali: quali i “preferiti” e quali i margini reali di scelta del progettista?

Alberto Apostoli – Adoro il vetro, la pietra, il legno. Ovviamente sono tutti materiali piuttosto costosi e difficili da gestire nel tempo dal punto di vista della pulizia e manutenzione. Oggi comunque scegliere i materiali è diventato un mestiere vero e proprio; per la quantità e qualità diversa dei prodotti in commercio, per le variabili insite in ognuno, per le infinite sfumature di ogni produzione e lavorazione/finitura.

Roberto Semprini – Attualmente tutti I materiali sono i miei preferiti, non saprei scegliere perché sono in continua evoluzione, pensiamo alle performance di lavorazione del marmo, le capacità mimetiche della ceramica, la ricchezza cromatica del legni, la sofisticatezza estetica della plastica, ect ect.

Luca Scacchetti – Tutti e nessuno. Ma i limiti spesso e grazie di nuovo al ragionamento, al progetto, al design, possono essere superati. Esiste sempre un margine di scelta che significa anche reinventare senso ed uso a materiali anche desueti o poveri, non è con questo o con quel materiale che si raggiunge una qualità, ma con il come, come si usa, come si destina, come ci si reinventa un uno differente e coerente al progetto generale.

Simone Micheli – Tutti e nessuno!!! I margini di scelta sono ampi e stretti in relazione alle capacità propositive e aziendali.

Daniele Menichini – Inizio rispondendo alla seconda parte della domanda dicendo che nel momento stesso in cui si sceglie di avere un progettista, sia esso architetto o designer, si sceglie di dargli carta bianca dando fiducia alla sua professionalità ed al suo modo di concepire gli ambienti ovvero le scelte devono essere fondamentalmente operate dal progettista partendo dai briefing con il committente fino alla chiusura del concept e dell’opera altrimenti è meglio il “fai da te” del bricoleur. Quanto ai materiali preferiti dal nostro studio di progettazione direi che il legno è forse uno di quelli più utilizzati sia per quanto riguarda pavimenti, rivestimenti e finitura degli arredi; non posso però dire che sia l’unico facente parte della nostra “libreria di texture” perché la prevalenza di colore e matericità sono sempre presenti.

Marco Piva – I materiali sono molto importanti, io gioco molto sui contrasti; materiali naturali come il legno e materiali di sintesi come il vetro, materiali della contemporaneità come la plastica e materiali della storia come la pietra. Mi piace tutto ciò che crea confronto, tensione, ascinazione. I vincoli e i limiti sulle scelte materiche sono rappresentati dal budget.